Come lavoro
Durante i primi incontri viene accolto il disagio così come esso si presenta. Viene condotto un colloquio clinico riguardante le funzioni cognitive, il tono dell’umore, l’identificazione di specifici sintomi, le contingenze, i vissuti relazionali attuali, il funzionamento adattivo, gli stili di attaccamento. Ci concentriamo poi sul riformulare il problema attuale, condividendo un quadro d’insieme e valutando l’opportunità di un percorso, il tipo di percorso e l’eventuale necessario ricorso ad altre figure professionali. La serie dei colloqui preliminari e/o di orientamento alla psicoterapia può essere indipendente dal prosieguo dell’attività, costituendo un momento autonomo di consulenza e/o di avvicinamento al mondo interno. Può costituire un momento informativo e di chiarificazione sulle possibilità terapeutiche esistenti. Costituisce inoltre un test importante relativo alla possibilità di impegnarsi reciprocamente in una relazione trasformativa.
Il mio setting, come nella tradizione della psicologia analitica junghiana, è con due poltrone poste l’una di fronte all’altra, a segnalare che anche per l’analista c’è sempre implicazione nel gioco trasformativo.

Tipologie di intervento psicoterapeutico

- Psicoterapia focale breve.
Può succedere di voler lavorare sull’ampliamento delle prospettive con cui guardare un singolo problema, anche se non ci si sente pronti o predisposti ad un vero e proprio percorso individuale. E’ utile nel caso qualora si debba prendere una decisione o affrontare un cambiamento importante, o ci sia un momento di crisi che non ci si sente di affrontare da soli. Quando si sceglie di realizzare una consulenza psicologica su un problema, l’opzione migliore solitamente si resta all’interno di una sequenza di una decina di incontri.
2. Psicoterapia ad orientamento psicodinamico ad una seduta settimanale.
E’ la scelta più frequente, sicuramente indicata per chi ha la sensazione di essere bloccato nella propria crescita personale, ha sintomi indefiniti di ansia e depressione, ha bisogno di recuperare un equilibrio che sente perduto, o necessita di un sostegno per fronteggiare eventi della vita particolarmente stressanti. E’ anche il setting tipico per disturbi significativi ed acclarati, quando il paziente sia seguito in contemporanea farmacologicamente da un/una collega psichiatra e ci sia una diagnosi già formulata. Anche qui, come in analisi, si parte dal problema attuale per arrivare ad esplorare la personalità nel suo complesso, i desideri, il passato, le relazioni fondative. Rispetto ad un’analisi, c’è un’attenzione prioritaria ai sintomi ed anche alle necessità di apprendimento di modi per stare meglio.
Una particolare attenzione ai pazienti con A.D.H.D di cui ho approfondito le specificità e che necessitano di una metodologia specifica.
L'analisi junghiana
Nel mondo junghiano si tende ancora a dire “analisi” anziché “psicoanalisi”. In questo uso ancora risuona l’eco della drammatica rottura tra Freud e Jung nel 1913, dopo la quale Jung chiamò “psicologia analitica” (oppure “psicologia complessa”) la propria versione della psicoanalisi. Di fatto c’è una base comune – quello che oggi è chiamato il “common ground” dei saperi psicodinamici. Ad esempio se un/una analista junghiano/a parla di difese, parla la stessa lingua di un/una analista freudiano. In epoca di post-freudismo, post-junghismo e distopie incombenti, è dunque vero che un’etichetta resta solo un’etichetta; ma ciò non significa che non ci siano, anche sostanziali, differenze teoretiche e tecniche. Ad esempio l'”amplificazione”, ovvero il lavoro di tessitura onirico-culturale a partire dai rimandi simbolici emergenti da un sogno, è un metodo specificatamente junghiano, che in un’epoca interconnessa come la nostra ha ritrovato, così come la nozione di “inconscio collettivo” una rinnovata attualità.
In psicologia analitica junghiana si lavora con due o anche tre sedute settimanali. Un percorso analitico è la strada elettiva per chi vuole, conoscersi a fondo, eventualmente cambiare, trovare un proprio centro, recuperare o inventare il senso della propria storia e delle proprie appartenenze, esplorare direzioni impreviste, sondare possibilità inespresse, sovvertire il presente.
Se non si può porre una differenza netta – visto che “la cura è la relazione” – tra psicoterapia ad orientamento psicodinamico e analisi, tranne forse una: l’analisi è un’esperienza che prescinde da uno scopo definito in termini di obiettivi terapeutici. Non perché non ce ne si occupi – lo si fa e senza mai “mollare” – ma perché ne ha uno molto ambizioso, teso all’auto-trascendimento, alla messa in questione del senso. Volendo, si potrebbe dire che è il luogo meno “medicalizzabile” di una pratica che, giuridicamente ed eticamente, resta una pratica sanitaria. E’ una via di ascolto, di confronto anche con l’ignoto. Per dirla con le parole di María Zambrano, è “dis-nascere” per nascere di più.
In analisi, ci disponiamo – programmaticamente – ad accogliere i prodotti dei pensieri della notte, i sogni, anche attraverso l’utilizzo di un diario onirico. A volte si comincia con un assetto psicoterapeutico e si decide poi di passare ad un setting analitico, nel momento in si è pronti ad occuparsi con piena determinazione del proprio modo di stare al mondo.
Utilizzo anche per l’analisi il setting vis-à-vis con il paziente e l’analista seduti di fronte, come è tipico della tradizione junghiana.

Se la mia esperienza personale con l'analisi e la mia formazione sono specificatamente attinenti al modello junghiano, in questi anni ho sempre lavorato per conoscere gli altri approcci, in un'ottica di psicopatologia comparata; d'altronde il modello junghiano stesso non è un modello rimasto fermo all'epoca dei primi maestri ma vive di continue interlocuzioni (con la teoria dell'attaccamento, con il pensiero post-freudiano di Winnicott e Bion, con la tradizione fenomenologica, con il modello strutturale di Kerneberg e a causa dell'attenzione alle variabili antropologiche); ne consegue che talvolta integro alcune tecniche come ad esempio la mindfulness o tecniche di tipo immaginativo che pur provenendo dalla tradizione junghiana sono state rivisitate da autori afferenti ad altre scuole di pensiero; inoltre seguo con attenzione le acquisizioni delle neuroscienze. In particolare modo reputo estremamente rilevante per l'attività clinica l'approccio introdotto da Stephen Porges nelle neuroscienze affettive e l'integrazione della teoria polivagale nello strumentario tecnico-concettuale necessario per svolgere attività clinica.
Con pazienti con cui c'è una prassi di lavoro consolidata, che non si sentono disturbati da un'accoglienza più festosa del tono sommesso tipico dell'aplomb da professionista della "salute mentale", c'è una peculiarità nel mio setting: Kellogg è ammesso nella stanza. Di solito sta buono su un cuscino sotto il tavolino, e tiene il conto dell'orario, perché il suo orologio interno lo avvisa della fine della seduta. Kellogg è un cockapoo, figlio di una cocker e di un barboncino. Sa che non può essere protagonista dell'incontro e accetta di godersi solo la compagnia. Non è una pet-therapy, ma di tanto in tanto Kellogg è capace di ricordare a tutti il valore della semplicità.
Se qualcuno pensa che ci sia qualcosa di originale in questa scelta, non conosce la storia di Freud e della sua Jofi, di quando anzi i cani erano due nello studio del padre della psicoanalisi, perché c'era Jofi e c'era anche il cane lupo di Anna Freud. La vicenda è ricostruita qui.
«La psicologia ha un debito particolare nei confronti degli animali, se è vero che essi sono il sistema simbolico primordiale, e se la psicologia non ha completamente dimenticato che anche noi siamo animali, mangiamo con le unghie e coi denti, soffriamo la sete, ci accoppiamo e attacchiamo al seno i nostri piccoli, sporchiamo con le nostre deiezioni punti prestabiliti e andiamo soggetti a varie emozioni, al panico, alla lussuria, all’amore del nido, alla curiosità. Come possiamo capire noi stessi in quanto esseri umani se non abbiamo familiarità con le loro immagini e i loro comportamenti nelle nostre anime?» (James Hillman, Presenze animali, Adelphi, Milano, 2016).
La presenza di Kellogg

Qualcosa della mia storia
Oggi
Come psicologa analista, sono specialista in Psicoterapia.
Sono associata al C.I.P.A – Centro Italiano di psicologia Analitica (Istituto di Roma), e, a livello internazionale, alla I.A.A.P. – International Association of Analitical Psychology),
Lavoro prevalentemente come libero professionista e sono relatrice in seminari e convegni.
La mia formazione è junghiana.
Ho effettuato unTraining di sei anni presso l’A.I.P.A. – Associazione Italiana di Psicologia Analitica.
Nel corso della formazione ho effettuato due analisi personali la prima come percorso “personale”, prima della domanda di ammissione al training, la seconda “didattica”, durante il training.
Collaboro come docente con la Scuola di Psicoterapia “Aion” di Bologna, dove insegno “Tecniche immaginative”.



Qualcosa della mia storia: ieri
Sono nata a Napoli nel 1963, ultima di quattro sorelle e figlia di un padre calabrese la cui madre veniva da Randazzo, in Sicilia e di una madre triestina, la cui madre, a sua volta, veniva da Sarajevo, in Bosnia. Napoli è capitata per caso, nel dopoguerra, quando la mia famiglia decise di lasciare Trieste.
Ho un curriculum all’americana, con molte esperienze differenti.
Ho due lauree – la prima in Lettere e Filosofia, e la seconda in Psicologia Clinica.
Sono stata docente ordinario di Storia e Filosofia nei Licei, attività con la quale mi sono mantenuta mentre prendevo la seconda laurea e facevo poi il training analitico. In un passato più lontano ho tradotto un romanzo (E. Roblès, Vesuvio, Tullio Pironti Editore, 1994) e ho lavorato come giornalista pubblicista (“Il Mattino”: 1994-1999, “Nord e Sud”, RAI, “la Repubblica”). Prima ancora ho lavorato in azienda (CBD) nell’ambito del Total Quality Management e, come formatrice, nell’ambito della psicologia del lavoro.
Durante i primi anni da psicologa, avendo anche una formazione in psicologia giuridica (A.I.P.G. – Associazione italiana di Psicologia Giuridica), ho avuto una intensa attività di collaborazione con il Tribunale di Napoli. Oggi, se occasionalmente sono chiamata ancora come CTU, il mio percorso è sempre più esclusivamente orientato verso l’attività clinica di psicologa analista e psicoterapeuta, che svolgo presso il mio studio oppure online.
In una breve fase della mia vita ho anche fondato una startup.
LAF - L'esperienza del Laboratorio Analitico della Fiaba
Il Laboratorio Analitico della Fiaba è stato un progetto volto all’approfondimento seminariale, in presenza, di tematiche relative alla sfera emozionale ed affettiva a partire dall’analisi di fiabe.
Il metodo junghiano dell’amplificazione dei simboli presenti nei racconti appartenenti all’universo del meraviglioso e del fantastico, è stato alla base dell’intensa attività della psicoanalista, allieva diretta di Jung, Marie Luise von Franz.
Le fiabe sono state qui considerate quali modelli di esperienza umana rielaborati e sedimentati collettivamente attraverso la pratica della narrazione orale, da parte delle comunità tradizionali. L’amplificazione comporta l’uso di paralleli mitici, storici e culturali al fine di chiarire e ampliare il contenuto metaforico del simbolismo, che viene visto come un territorio nel quale opera un continuum tra l’inconscio personale, anche onirico, e la dimensione impersonale collettiva, conscia e inconscia.
L’analisi comparata dei simboli in esse contenuti, dà vita a una modalità di lettura capace di favorire l’accesso ad esperienze di partecipazione e meditazione condivisa dei contenuti simbolici appartenenti al mondo immaginale.


Il LAF ha proposto incontri in piccolo gruppo strutturati in due momenti, una prima parte in cui si legge la fiaba e si procede alla sua analisi, una seconda parte in cui viene data voce alle risonanze attivate nei partecipanti durante il momento precedente.
Incontri pubblici:
Seminario: Le fiabe per dirlo – 30 Gennaio 2019 -ISPPREF Mediazione e Counselling, Via Manzoni 26/B.
Seminario: Raperonzolo, la dialettica tra possessività e libertà nella vita affettiva – 27 gennaio 2019 – ISPPREF Mediazione e Counselling, Via Manzoni 26/B.
Seminario: Complessi, simboli e l’archetipo dello Spirito nella fiaba nella lettura di Carl Gustav Jung – 8 novembre 2019 – A.I.P.A., Associazione Nazionale di psicologia Analitica (Sez. Napoletana),Via Cervantes 55/16, 80133 Napoli.
Seminario: Laboratorio analitico della fiaba: Cappuccetto Rosso e i suoi fraintendimenti. Psicoanalisi e Psicologia Analitica a confronto con la fiaba – 4 dicembre 2019 – Funzione Alpha, Corso Vittorio Emanuele 143, 84123 Salerno.
Webinar Online: Dialoghi junghiani. Le fiabe interpretate, con Alessandro Raggi, IPA – Istituto di Psicologia Applicata, Via Vassalli Eandi 27, 10138 Torino.
Diretta Facebook: 2020 (7 maggio) Comune di Napoli, Assessorato alla Sanità, diretta Facebook all’interno del progetto “Psicologi in diretta”, con l’intervento: Le fiabe per dirlo. Strumenti e simboli per nuovi focolari.
Pubblicazioni di area psicologica
2021:Pubblica l’articolo Il sognare in campo: sognare il campo, in M. Scarpelli e F. Testa Dal campo analitico, al campo archetipico, – Dialoghi e trasformazioni dei luoghi della ricerca e della cura, Napoli, Liguori, pp. 21-39.
2012: Pubblica il volume (coautrice con la Prof. Francesca Maria Dovetto) Il parlar matto. Schizofrenia tra fenomenologia e linguistica: il corpus CIPPS, Roma, Aracne (II edizione con DVD e Prefazione del Prof. e Accademico dei Lincei, Federico Albano Leoni nel 2013).
2012: Pubblica l’articolo Anafora nella schizofasia. Note preliminari all’identificazione di uno “splitting referenziale” in Dovetto F. M. & Gemelli M. Il parlar matto. Fenomeni schizofrenici tra fenomenologia e linguistica, Roma, Aracne.
2012: Pubblica l’articolo A libro chiuso. Intorno al Liber Novus di Carl Gustav Jung, in «Tempo d’analisi. Paradigmi junghiani comparati» – Rivista di psicologia del profondo, Anno I, n° 0, pp. 239-246.
2011: Pubblica l’articolo Hikikomori, fiori di ciliegio, cerchi di grano (coautrice con Carlo Pastore), in Sagliocco G. (a cura di), Hikikomori e adolescenza. Fenomenologia dell’autoreclusione, Milano – Udine, Mimesis, pp. 59-77.
2010: Pubblica l’articolo Trenta righe su Jung. In «Studi Junghiani», 31, Gennaio-Giugno, Milano, Franco Angeli, p. 94.
2009: Pubblica l’articolo Demetra e Kore. Un percorso tra psicologia analitica e filosofia della differenza, in Dovetto F.M. (a cura di), Parole di donne, Roma, Aracne edizioni, , pp. 255-270.
2008: Pubblica l’articolo Marcatori discorsivi nel parlato schizofrenico, (con F. M. Dovetto) in Atti delle Giornate di Studio PRIN Parlaritaliano “Fenomeni di intensità nell’italiano parlato”, Università del Salento 7-8 giugno, Firenze, Franco Cesati Editore, pp. 181-193.
2006: Pubblica l’articolo Note metodologiche relative alla fase di acquisizione del materiale verbale relativo ad un progetto di ricerca sul linguaggio schizofrenico (con C. Bartolomeo e E. Improta), in «Notes Magico. Rivista di psicanalisi», 6, Firenze, edizioni Clinamen, pp. 35-40.
2008: Pubblica l’articolo Il parlato di soggetti schizofrenici (con F. M. Dovetto), in M. Pettorino, A. Giannini, M. Vallone & R. Savy (a cura di), La comunicazione parlata. Atti del congresso internazionale. Napoli 23-25 febbraio 2006 – Tomo II, eBook, Napoli, Liguori, pp. 1081-1092.
2006: Pubblica l’articolo Il pensiero narrativo: una nozione problematica in «Notes Magico. Rivista di psicanalisi» -, 6, Firenze, Clinamen, pp. 19-34.
