Dr. Monica Gemelli

Psicologa, Psicoterapeuta e Analista

Skype – Da anni, quando necessario, lavoro anche via Skype. Oggi, dall’emergenza Covid in poi, con la maggiore esperienza e naturalezza acquisita nell’uso delle tecnologie anche in ambito terapeutico, è possibile effettuare un percorso anche interamente tramite videochiamata.

Dr. Monica Gemelli, psicologa iscritta all’Ordine degli Psicologi della regione Campania, n° 2889 sez. A (cercami qui) e all’Albo degli Psicoterapeuti, Psicologa Analista membro ordinario C.I.P.A. – Centro Italiano di Psicologia Analitica (cercami qui), socio ordinario I.A.A.P – International Association of Analitical Psychology, (cercami qui).

In quanto psicoterapeuta certificata, a livello internazionale EG, per il trattamento del  Disturbo da deficit di attenzione e impulsività - A.D.H.D.,  tratto  l'A.D.H.D. in adulti e giovani adulti. In particolare seguo casi di comorbidità con ansia, depressione e difficoltà relazionali e casi limite, oppure mai diagnosticati in infanzia e adolescenza. 

In ogni caos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto.

– Carl Gustav Jung –

Studio

Orari Studio Privato Psicoterapia

Rampe di Pizzofalcone 32, Napoli

Lunedì: 7.00-14.00 | 16.00-19.00
Martedì: 7.00- 14.00 | 15.00-20.00
Mercoledì: 7.00-14.00 | 16.00-19.00
Giovedì: 7.00-14.00 | 16.00-20.00
Venerdì: 16.00 – 20.00
Sabato: 15.30 – 19.30

Ricevo solo su appuntamento.
Posso essere contattata compilando il Form nella sezione Informazioni, via mail all’indirizzo info@monicagemelli.com o anche più rapidamente via WhatsApp.

Colloqui anche via Skype

Secondo l’approccio junghiano:

  • il problema attuale che spinge a chiedere un ascolto analitico è altrettanto importante della riconsiderazione del passato;
  • la relazione analitica stessa – l’analisi del transfert e controtransfert – si dà quale strumento di conoscenza e di trasformazione;
  • la dimensione onirica concorre a creare una trama narrativa condivisa di metafore interiori rivolte al mondo del possibile in opposizione alla fissità del mondo dei sintomi ;
  • vi è costante attenzione alla relazione dialettica coscio/inconscio;
  • ad ogni disagio si dà lettura considerando le sue specifiche modalità di espressione;
  • viene riconosciuta l’importanza dei processi complementari di individuazione personale e di integrazione nella dimensione collettiva e comunitaria;
  • l’intervento psicoterapeutico va adeguato alla specifice fasi del ciclo di vita”
  • si contemplano forme di psicoeducazione: ciò non significa mera “gestione dei sintomi” quanto piuttosto l’idea guida che: “la cultura, cura”.

Carl Gustav Jung (Kesswil 1875 - Küsnacht 1961) psichiatra e psicoanalista svizzero, è stato il fondatore della psicologia analitica, chiamata anche psicologia complessa: una teoria e un metodo di derivazione psicoanalitica che tiene conto delle differenze con la visione di Sigmund Freud, differenze che portarono alla rottura tra i due nel 1913. 

Alla resa dei conti il fattore decisivo è sempre la coscienza, che è capace di intendere le manifestazioni dell’inconscio e di prendere posizione di fronte ad esse.

– Carl Gustav Jung –

Orientarsi

“Psicoterapia” è il termine giuridico della disciplina: per legge è una specializzazione  a cui possono accedere in via esclusiva i laureati in  Psicologia o in  Medicina. A rigore, in Italia, tutti gli interventi basati su colloqui nel quadro di una relazione durevole nel tempo, indipendentemente dalla somministrazione di farmaci, sono “psicoterapia”. Possono effettuarla i professionisti iscritti presso il proprio ordine professionale e presenti in specifici elenchi. Il  percorso di  specializzazione è almeno quadriennale. 

Gli orientamenti psicoterapeutici si differenziano per gli aggettivi che si scrivono dopo il termine “ psicoterapia”, come, ad esempio: “psicodinamica”, “sistemico-relazionale”, “strategica”, “gestaltica”, “cognitivo-comportamentale”, “fenomenologica”, “senso-motoria”; ulteriori differenze  dipendono dalle specificazioni relative  all’utenza  come, ad esempio, “individuale”, “di gruppo”, “di coppia”, oppure “dell’adolescenza”. 

Con “psicoterapia psicodinamica” o “ad orientamento psicodinamico” si raggruppano sotto un’unica etichetta  gli approcci che si fondano prioritariamente sull’idea, variamente rielaborata,  di “inconscio” e sull’esplorazione delle dinamiche relazionali, ponendo la stessa  relazione terapeuta/paziente quale lente di ingrandimento attraverso cui osservarle. La prospettiva psicodinamica è anche nota con il nome di “psicologia del profondo”. 

Le maggiori scuole di pensiero nate agli inizi del Novecento sono di orientamento psicodinamico e tendono a conservare i nomi storici legati ai fondatori: psicoanalisi freudiana da Sigmund Freud, psicologia analitica junghiana da Carl Gustav Jung, psicoanalisi kleiniana da Melanie Klein, psicoanalisi bioniana da Wilfred Bion, psicanalisi lacaniana da Jacques Lacan. 

Come funziona

La psicoterapia ad orientamento psicodinamico è, innanzitutto, un rapporto tra due persone (terapeuta e paziente) finalizzato alla comprensione analitica di specifiche forme di disagio che conducono il paziente a sperimentare situazioni di vita, talvolta drammaticamente, insoddisfacenti.
La relazione terapeutica va, nel tempo, configurandosi come luogo di manifestazione di specifiche dinamiche affettive che vanno “accolte”, “elaborate”, “restituite”. Ciò che, con termine tecnico, si usa denominare transfert e controtransfert, nella concretezza dell’incontro, ha a che fare con una relazione umana che pone se stessa sotto osservazione, al fine di attivare una sempre maggiore consapevolezza dei propri modi di funzionare.

Va in tal modo, seguendo il ritmo della progressione degli incontri, a catalizzarsi una sorta di “digestione” delle emozioni e ad irrobustirsi la capacità del paziente di “digerirne” di nuove.

Si tratta di un lavoro non solo focalizzato sui modi del “sentire” inerenti alle complesse dinamiche responsabili dei molteplici e articolati processi di individuazione. certo, seguendo Jung, potremmo dire  che «l’incontro di due personalità è simile alla mescolanza di due diverse sostanze chimiche: un legame può trasformarle entrambe».  E ciò significa che dopo aver scelto l’approccio che appare più congeniale, dando per assodate cultura, esperienza, spessore umano ed etico del curante, decisiva sarà comunque la “reazione chimica” tra le due personalità del paziente e del terapeuta. Ma ogni volta tutto il sapere va rimesso in discussione, alla prova e adattato alla specificità del singolo caso.

Una folla di sintomi, un mare di diagnosi

Molte persone cercano i sintomi sul web e talvolta formulano da sé le proprie diagnosi.

Una folla di parole vengono digitate ogni giorno: agorafobia, ansia, anoressia, attacchi di panico, DOC, perdita di autostima, binge eating, bulimia, disturbo borderline, burnout, ciclotimia, depressione, difficoltà nel controllo degli impulsi, dismorfofobia, disfunzioni erettile, disturbo bipolare, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi psicosomatici, disturbo post-traumatico, distimia, fobie, insicurezza, insonnia, ipocondria, narcisismo, metereopatia, nevrosi, problemi relazionali e di coppia, psicosi, rabbia, stress…

Come se con una diagnosi in tasca il più fosse fatto. Ma non è così. Una collezione di sintomi non fa una persona.  

Addirittura, dall’unione delle parole Cyber e Ipocondria è stato coniato il neologismo “Cybercondria”, che sta ad indicare la costante preoccupazione per sintomi comuni rilevabile tramite il numero di ricerche effettuate via Internet, dunque una sorta di nuovo “metasintomo”, il sintomo del cercarsi tra i sintomi, in una sorta di ossessione catalogatoria autoreferenziale. Bisognerebbe invece non dimenticare che ogni sintomo è solo la riproposizione “in figura” di una modalità di essere nel mondo.

Questo non vuol dire che la diagnosi non sia importante, anche perché, soprattutto in alcuni casi, diverse diagnosi obbligano all’uso di metodologie di approccio del tutto differenti. Ma non va dimenticato che si tratta di “un’ipotesi di lavoro” che  si sviluppa attraverso un processo ricorsivo e che  può anche restare a lungo sotto traccia durante le esplorazioni condivise relative al mondo interno;  su di essa  chi cura torna a riflettere in più occasioni per orientare il proprio assetto e l’azione terapeutica.

Expat: dire di sé nella lingua materna

Psicoterapia online in italiano

Il World Wide Web è come un mondo senza  confini, il “Virtuale”, : un oceano abitato da tante istanze, positive e negative. La psicoterapia online non abita un luogo sociale, una piattaforma, ma luoghi altrettanto privati di uno studio professionale, con un Setting un po’ diverso sul quale tutti ci stiamo ancora interrogando. Ad esempio quando lavoro online io parlo di più, rispetto a quanto spesso intervengo in una seduta in studio, perché sento che la mia voce crea “presenza”: prende il posto del contatto diretto derivante dallo stare nella stessa stanza; diventa un elemento del setting, si fa “stanza”.

Qui la lingua, quella parte di mondo e di esperienza “già condivisi”, è parte integrante di quel luogo Virtuale,  “online”, che deve continuare a custodire una ricerca.  La psicoterapia era già il “Virtuale” prima del Web, perché abitava mondi possibili.

Chi è all’estero, in un altro territorio, convivendo con persone che in maggioranza  provengono da altre comunità, spesso sente  il legame linguistico con il proprio paese d’origine come anche  più  importante di prima.  Non veniamo al mondo cadendo nel vuoto, ma entrando in un tessuto culturale già esistente, già vivo. Nella nostra lingua, che è quell con la quale abbiamo comunicato divenendo adulti, sono racchiuse infinite sfumature di possibili modi  di “fare esperienza” e specifiche possibilità di dirla. Quando si fa psicoterapia online, “l’Italia, è l’italiano”.

La lingua italiana - e i suoi dialetti - un universo di risonanze

In psicoterapia, ci chiediamo che senso hanno certe scelte, certi desideri, certe necessità, e lo facciamo quando serve, con chi lo chiede, con chi  sente l’esigenza di cambiare per certi aspetti della propria personalità, relazioni, stile di vita, contesto. Ci relazioniamo con  con chi ha necessità di sostegno per affrontare cambiamenti, positivo o negativi,  inevitabili.
Cosa può significare, allora  ricorrere alla talk therapy nella  lingua materna oppure no? Dalla linguistica sappiamo che, quando si vuole davvero comunicare, ci si riesce sempre in qualche modo: è così che nascono le lingue creole, i pidgin.
In terapia  contano le sfumature, i dettagli, le espressioni gergali, le pause, i silenzi, le cose non dette che si sarebbero potute dire e quelle che sono là lò per esser dette, ed anche le palesi omissioni, le dimenticanze, le cose che nemmeno si sanno.
 Il dialogo psicoterapeutico o analitico è fatto di ascolto, ma anche parole condivise che a poco a poco assumono un senso particolarissimo, come fossero state appena riscoperte.  La psicoterapia si può fare in una lingua diversa dalla lingua materna. Sì. C’è chi lo fa.  Ma, forse,  per chi è andato via da adulto tornare all’italiano per dire di sé può significare accedere a tutte le profonde risonanze che quest’uso comporta.

Ora che la tecnologia e lavorare in videochiamata è divenuta prassi condivisa dai professionisti psicologi e psicoterapeuti italiani è più semplice richiedere una consulenza, un supporto o una psicoterapia anche interamente online nella propria lingua madre.